In punta di piedi...

Libri

Se ti ha fatto emozionare
Se ti ha capito
Se ti ha fatto adirare
Se ti ha insegnato qualcosa
Se ti ha stupito
Se ti ha messo i brividi
Se ti ha fatto piangere
Se ti ha fatto ridere
Se ti ha salvato la vita
Se ti ha parlato
Se ti ha fatto riflettere
Se ti ha aiutato a prendere una decisione
Se ti ha aiutato a capire chi sei

 

E' comunque valsa la pena aver letto un libro che ha fatto almeno una delle cose elencate sopra.

 

B.M.

10.06.2017

 

Tutti pazzi per il Giro

Porto di Alghero
Porto di Alghero

Ci siamo. Oggi si inaugura il Centesimo Giro D'Italia che dopo dieci anni di assenza tornerà in Sardegna.

Saranno tre le tappe sarde, con la prima, domani, che partirà da Alghero, la mia amata città.

 

È già da qualche settimana che in città si respira aria di festa, c'è fermento, c'è voglia di partecipazione, c'è impegno da parte di tutti, non solo dei soggetti preposti all'organizzazione a partire dagli amministratori e dagli operatori tutti, ma, anche e soprattutto da parte degli esercenti delle attività, dei singoli cittadini e dei bambini che sono stati protagonisti in prima persona di eventi legati al Giro. Tutto questo impiego di sinergie che forse mai ho visto in campo in maniera così evidente, fa un gran bene alla città. Non mi riferisco, solo, al conseguente ritorno di immagine a livello internazionale, ma anche ad un'iniezione di fiducia che non può che far bene in un periodo, che oramai dura da troppo tempo, di crisi economica.

 

 

Una delle tante vetrine del centro
Una delle tante vetrine del centro

La città ci racconta che quando ognuno fa la propria parte si possono realizzare grandi cose. È necessario, sempre, lavorare con e non contro. È una ruota che gira, per rimanere in tema, e deve girare per tutti.

 

Camminare per le vie della città, in questi giorni, dà allegria al cuore...

 

Gente che lavora per rendere Alghero più ospitale e sicura.

Un calendario ricco di iniziative collaterali, che per tutto aprile ha offerto ai cittadini e ai visitatori, concerti, mostre, eventi.

E poi quel rosa che colora tutta le vie con biciclette, ruote, gerani, orchidee, ortensie... un’esplosione di colori che rende ancora più bella ed accogliente una città che lo è sempre stata.

 

 

 

 

 

Piazza Civica
Piazza Civica

Solo una nota negativa ha rattristato il cuore degli algheresi e di tutti sardi: la mancata partecipazione al Giro del nostro campione Fabio Aru, che comunque presenzierà in tutte le tappe sarde. Un pensiero va, inevitabilmente, a Michele Scarponi che avrebbe dovuto sostituire Aru, ma che purtroppo un incidente ha interrotto bruscamente la sua pedalata terrena.

 

Ma oggi è festa…

 

Alghero pedala…

 

 

 

B.M.

 

04 maggio 2017

 

 

 

Pioggia.

Fonte: web
Fonte: web

Piace e molto, a tutti.

Nessuno escluso.

Salire in cattedra e giudicare,

opinare le scelte dell'uno e dell'altro.

E dentro ognuno di noi quella voce che dice...

 

Io mai...

Ma figurati...

Come si fa a compiere gesti così?

Come si fa a fare certe scelte!!!

No, io no, io mai.

Ci vuole rispetto per gli altri.

Ci vuole rispetto per sé stessi.

E che diamine? Un minimo di dignità, di orgoglio!

 

E poi...

E poi, la vita.

La vita ti piove addosso.

Di botto.

C'era il sole…

Stavi lì tranquillo…

E poi un temporale ti strattona,

con il suo vento micidiale,

la sua pioggia violenta,

i suoi fulmini accecanti e affascinanti,

i suoi tuoni prorompenti.

 

E sei lì, in cerca di un rifugio,

un riparo all'asciutto.

Magari un posto caldo dove puoi asciugare i vestiti, ristorarti.

E come si sta bene, in quel luogo sconosciuto.

Ti senti a casa.

Il freddo e la paura se ne sono andati via.

Rimarresti per sempre...

Ci pensi seriamente.

Hai già deciso.

 

Ma ecco, di colpo una scossa...

Ti senti gelare.

Il terreno ti frana sotto i piedi.

È stata un'illusione.

Eppure sembrava una cosa vera, sicura.

Ci avevi creduto!

 

Ma cosa c'è di tanto sicuro nella vita?

Su cosa possiamo davvero contare?

A volte siamo noi stessi ad ingannarci.

E non lo facciamo per troppa superficialità,

né per fragilità o per solitudine.

 

Capita.

È la forza della vita.

È lei che non si arrende.

Mai.

E continuiamo a credere, per fortuna…

In un futuro migliore.

Nella felicità che verrà.

Nell'amore.

Nei lieto fine.

E la speranza ci spinge a non mollare mai,

contro ogni logica,

nonostante tutto.

E ci affidiamo, ci fidiamo e confidiamo.

 

E a volte, sbagliamo perché siamo umani.

Perché non si può stare fermi,

dobbiamo vivere appieno…

Cogliere ciò che la vita ci offre, sempre.

E imparare,

imparare da ogni lezione.

E da ogni cosa, per brutta che ci possa apparire,

trarre sempre il buono e il positivo

poiché le cose non sono mai e dico mai bianche o nere.

 

Ricordiamocene.

Sempre.

 

B.M.

21.04.2017

 

Fonte: web
Fonte: web

Quando sei innamorata, sembra che tutto il mondo si sia messo d'accordo per parlarti di lui.

 

28.03.2017

B.M.

Esseri umani

Fonte: web
Fonte: web

Se riuscissimo ad essere un po' più onesti con noi stessi.

Se riconoscessimo i nostri limiti

Se mettessimo da parte il nostro orgoglio e le nostre paure

Sarebbe più facile incontrare l'altro…

E poi non è tanto diverso da noi e ci sorprenderà scoprire:

che le nostre paure sono le sue

che non si sente perfetto, anzi…

che a volte si sente inadeguato

che come noi ha solamente un bisogno urgente di sentirsi amato, compreso, accettato.

 

Troppi se e ma ci allontanano dal partner, dai fratelli, dai genitori, dagli amici e provocano incomprensioni che ci sembrano insanabili

Tutto questo è dovuto al fatto che oggi comunichiamo troppo e parliamo pochissimo.

Ci scambiamo baci e abbracci ma non ce li diamo

Guardiamo lontano e non vicino

Ci circondiamo più di cose che di persone

Andiamo così di fretta...

E tutto è fast, free, smart

Si pensa più allo sviluppo che al progresso

Ciò si ripercuote inevitabilmente sui nostri stili di vita e sulla scala delle nostre priorità.

La frenesia, il consumismo, l'edonismo sono diventati la nostra religione

Senza rendercene conto veramente, abbiamo perso tanto. Negli ultimi venti anni soprattutto.

Attenti all'apparire ci scordiamo di essere

Cerchiamo risposte semplici e veloci a domande complesse.

Abbiamo tutto a portata di click...

Solo che i rapporti non si acquistano a buon mercato.

Necessitano di tempo, di cure, di dedizione

Troppo spesso raccontiamo e ci raccontiamo bugie.

Non esistono scuse ed inconsistenti giustificazioni capaci di assolverci.

Il tempo lo si trova sempre per chi si ama.

Non aspettiamo che sia l'altro a compiere un passo verso di noi, perché può essere che l'altro stia aspettando noi.

E si innesca così un circolo vizioso senza via uscita che ci costringe a girare come quei criceti in gabbia sulla ruota.

Senza che nulla muti.

Passano giorni, passano mesi, passano anni.

E ci si allontana, per cosa?

Pensiamoci.

(Io che scrivo, tu che leggi)

Non a cosa fanno gli altri per noi.

Ma a cosa facciamo noi per gli altri.

Iniziamo noi per primi ad essere motore cuore e polmoni delle nostre relazioni.

E sono sicura che non solo miglioreremo il nostro piccolo cosmo, ma contribuiremo a migliorare un po' anche il resto del mondo.

 

B.M.

14.03.2017

Chi l'ha detto che certe frasi si leggono solo sui libri e certe scene si vedono solo nei film?
Non basta pensarle le cose: bisogna dirle e farle.

 

BM

12.03.2017

Vietato morire

La testimonianza di Michele

Puntualmente, ad ogni nuovo caso, ultimamente il viaggio in Svizzera di Dj Fabo, la discussione tra coloro che chiedono una legge che regolamenti il testamento biologico e le direttive di fine vita e coloro che, invece, si fanno bandiera della difesa della vita a tutti costi, diviene sempre più accesa.

Non esporrò qui le ragioni dell'uno e/o dell'altro schieramento, mi interessa dare voce a chi si interroga davvero, giorno dopo giorno sulla vita e sulla morte.

Vi lascio pertanto alla testimonianza di Michele La Pusata.

 

Si sceglie di morire quando dentro non c’è più vita.

 

Sulla vicenda di dj Fabo sento fortemente di voler esprimere il mio stato d’animo. Ho ascoltato il suo appello in tv, ho cercato di capire le sue ragioni più profonde.

Ho ammirato la lucidità, la determinazione e l’ironia con cui si rivolge al giornalista e alla compagna; scherza dimostrando una forte e vitale personalità, un grande rispetto per la vita.

Con grande dignità non ha chiesto di morire manifestando pubblicamente, in modo pietoso, le sue sofferenze al fine di suscitare consenso alla sua scelta. Non lo ha fatto in uno stile tanto caro agli Italiani, cioè quello stile strappalacrime alla De Filippi, di cui amiamo struggerci il sabato sera.

Non ha fatto spettacolo, eppure lo sapeva fare, era il suo mestiere.

Ha comunicato le sue ragioni in modo nudo e crudo, niente di più, niente di meno. Non posso muovermi, non ci vedo e ho dei terribili dolori, la mia vita non ha più colore, è tutto nero.

Per uno spettatore superficiale non ci sono state le condizioni per schierarsi a favore del fine vita, il tizio è stato poco convincente – verrebbe da dire – sembrava persino felice di andare a morire. E’ istintivamente naturale, giusto e anche doveroso schierarsi a sostegno della vita senza se e senza ma, perché siamo portati naturalmente a sostenere che “solo alla morte non c’è rimedio“ e di conseguenza “finché c’è vita c’è speranza”. Ma, è solamente nel momento in cui ci troviamo a vivere in prima persona una situazione tanto difficile, in cui l’unica speranza è che arrivi la morte a porre fine a tutta quella sofferenza che ci impedisce di vivere con quel minimo di dignità necessaria e indispensabile; solamente quando abbiamo in mano tutti gli elementi siamo nelle condizioni di esprimere e operare le nostre scelte, sino ad allora non saremo in grado di vedere le cose dalla giusta prospettiva.

 

Fino a quando la nostra società tratterà il problema in senso astratto e generalistico, anteponendo dogmi religiosi o contrapposizioni politiche, trascendendo dalla sfera strettamente personale del singolo individuo, non è nelle condizioni di trovare la giusta soluzione.

E’ dentro ognuno di noi che va ricercata la risposta.

Ogni singolo uomo ha il dovere di interrogarsi su “cosa farei al suo posto”?

Qual è il limite oltre il quale la vita non è più vivibile dignitosamente?

Vivere è una situazione legata esclusivamente ad azioni fisiologiche?

Basta solamente poter respirare, mangiare, bere e andare di corpo per poter definirci vivi?

Quando il dolore fisico impedisce al nostro animo di librarsi in volo per godere armoniosamente della bellezza del creato o dell’affetto dei propri cari, possiamo definirci vivi?

Quando vivere diventa tortura e quando quella tortura deforma la nostra percezione di spazio e tempo, stronca i sentimenti e tutto diviene dolore e rabbia, in queste condizioni siamo sicuri di essere vivi?

E cosa possiamo desiderare maggiormente in questo caso se non la pace Eterna? Nella sofferenza, è la pace che si desidera fortemente, non la morte.

La morte in questo caso è operatrice di Pace. Secondo voi, Cristo sulla croce cosa invocava se non la pace Eterna?

 

Io da dieci anni convivo, insieme alla mia famiglia, con la Sclerosi Laterale Amiotrofica, da otto non mi muovo più autonomamente e da quattro vivo attaccato al respiratore e mi nutro artificialmente.

Sono innamorato della vita e vivo la mia condizione felicemente. È la mia vita non la cambierei con quella di nessun altro. Vivo una vita quanto più possibile normale, grazie alla famiglia e agli amici che con immenso amore e altrettanto sacrificio si sostituiscono alle mie parti difettose.

Anch’io in passato ho avuto pensieri di morte, oggi grazie a Dio non soffro di dolori particolari, e quindi ho voglia di godermi ciò che di buono la vita può ancora offrirmi. Però, mentre nella mia vita precedente sostenevo il sì incondizionato alla vita, oggi mi sento di supportarla, ma tenendo conto di tutti i se e tutti i ma,.

In sostanza, se le mie condizioni dovessero aggravarsi a tal punto da divenire insostenibili sia per il mio istinto vitale che per la mia ragione, vorrei avere la possibilità di autorizzare il medico a staccare il respiratore, con la stessa facilità con cui lo autorizzai ad attaccarmici. Credetemi, il solo fatto di trovarsi a dovere decidere senza avere la possibilità di rivedere in seguito la propria decisione, ha prodotto tantissime vittime… ne ho conosciuti tanti e ne sono addolorato, perché forse, se avessero avuto questa possibilità qualcuno sarebbe ancora vivo.

 

Alle istituzioni consiglierei di supportare la difesa della vita, non come uno slogan, ma in modo concreto, garantendo assistenza adeguata a malati e relative famiglie, la carenza assistenziale provoca ad oggi il maggior numero di morti, da parte di quelle persone che non accettano di ricorrere al respiratore perché sono sole; questo per me è il vero suicidio di stato, perché diretta conseguenza dell’abbandono.

Alle istituzioni spetta quindi, assistere chi vuole vivere, ragionare con chi pone dei dubbi e dare vita eterna a chi responsabilmente e a ragion veduta la chiede.

Tutto il resto è bigottismo e sciacallaggio.

Infine, dico che spetta singolarmente ad ognuno di noi rispondere a questi interrogativi, senza delegare o permettere ad altri di pensare e decider al posto nostro… In fondo è rinunciando a pensare che si comincia a morire!

 

Michele La Pusata

 

 

 

 

 

 

Testamento biologico e fine vita. Il quadro della disciplina normativa in Italia

 

Sono trascorsi undici anni, era il 2006, dal caso Welby, che divise l’Italia sul tema del fine vita. Forse, quella,  è stata la prima volta che gli italiani hanno davvero preso coscienza di una questione molto delicata e altrettanto controversa, che non riguarda solo alcuni, ma che coinvolge tutti, inevitabilmente.

 

Ma il Legislatore che fa?

 

Una sintesi della situazione italiana, la fa Adkronos e la riporto sotto.

 

“In Italia, al momento, la legge sul Biotestamento ha subito l'ennesimo rinvio: era prevista a gennaio, poi a febbraio e ora è slittata a marzo. Sono quattro le proposte di legge sull'eutanasia assegnate alle Commissioni riunite II Giustizia e XII Affari Sociali della Camera dei deputati e il cui esame è iniziato un anno fa, il 3 marzo 2016:

 

- proposta di legge D'INIZIATIVA POPOLARE, "Rifiuto di trattamenti sanitari e liceità dell'eutanasia" (1582), presentata il 13 settembre 2013;

 

- proposta di legge DI SALVO, "Norme in materia di eutanasia" (2218), presentata il 24 marzo 2014;

 

- proposta di legge NICCHI, "Norme in materia di eutanasia" (2973), presentata il 19 marzo 2015;

 

- proposta di legge BECHIS, "Disposizioni in materia di eutanasia e rifiuto dei trattamenti sanitari" (3336), presentata il 30 settembre 2015.

 

In assenza di una disciplina specifica, la materia è affidata a:

 

tre articoli della Costituzione, ovvero il 2 ("la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo"), 13 ("la libertà personale è inviolabile") e 32 ("la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana").

 

Legge n. 833 del 23 dicembre 1978 istitutiva del Servizio sanitario nazionale che - al TITOLO I, Capo I 'Princìpi e Obiettivi' - recita "la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività mediante il servizio sanitario nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana").

 

Legge n. 180 del 13 maggio 1978 - 'Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori' - il cui articolo 1 afferma come "gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari".

 

- Legge n. 6 del 9 gennaio 2004 che ha introdotto nel Codice Civile (nel Libro Primo, Titolo XII, Capo I) "la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente".

 

- Legge n. 38 del 15 marzo 2010 concernente 'Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore'.

 

Codice penale, articolo 579 ("chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni"); e articolo 580 ("chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima).

 

Codice di deontologia medica: articolo 20 ("la relazione tra medico e paziente è costituita sulla libertà di scelta"); articolo 33 ("informazione e comunicazione con la persona assistita"); articolo 35 ("l'acquisizione del consenso o del dissenso è un atto di specifica ed esclusiva competenza del medico, non delegabile. Il medico non intraprende né prosegue in procedure diagnostiche e/o interventi terapeutici senza la preliminare acquisizione del consenso informato o in presenza di dissenso informato"); articolo 38 ("il medico tiene conto delle dichiarazioni anticipate di trattamento espresse in forma scritta, sottoscritta e datata da parte di persona capace e successive a un'informazione medica di cui resta traccia documentale"); e articolo 53 ("il medico informa la persona capace sulle conseguenze che un rifiuto protratto di alimentarsi provoca sulla sua salute, ne documenta la volontà e continua l'assistenza, non assumendo iniziative costrittive, né collaborando a procedure coattive di alimentazione o nutrizione artificiale").”

 

05.03.017

 

 

 

 

C'è chi dice NO

Fonte: Web
Fonte: Web

Il compito degli uomini della Resistenza non è finito. Bisogna che essa sia ancora in piedi. (Piero Calamandrei)

 

 

 

 

Il 4 dicembre è una data importante. Siamo chiamati a decidere se approvare o no la riforma costituzionale Boschi-Renzi.

Ho cercato di approfondire quelli che saranno i cambiamenti che la nostra Costituzione subirà nel caso di vittoria del sì e più mi documentavo più forte cresceva la convinzione che queste modifiche contrariamente a quanto ci stanno “vendendo” con la loro propaganda, non costituiscono né un risparmio apprezzabile della spesa, né una semplificazione della macchina legislativa, bensì comportano una diminuzione della democrazia e della sovranità popolare e un accentramento dei poteri dalle regioni allo stato centrale, una riduzione e una limitazione delle forme di partecipazione democratica ( nuove regole per iniziativa legislativa popolare e referendum abrogativo). 

 

Perciò il 4 dicembre dirò…

 

NO ad una riforma incomprensibile e scritta male. Un esempio? Provate a confrontare il vecchio e nuovo art. 70 e chiedetevi quale dei due vi sembra più chiaro.

 

NO ad una riforma che doveva superare il bicameralismo perfetto e invece lo ha solo "pasticciato", rendendo le procedure legislative farraginose e contorte le quali creeranno non pochi problemi e intralci al funzionamento delle due Camere. Ancora, i costituzionalisti dibattono se siano dieci o dodici le nuove procedure legislative previste.

 

NO ad una riforma che mina e svilisce le autonomie regionali accentrando poteri a Roma.

 

NO ad una riforma che sottrae sovranità ai cittadini. Il Senato viene mantenuto ma non è più elettivo.

 

NO ad una riforma che di fatto rende il Parlamento ufficio legislativo del Governo. Si ribaltano i ruoli, non più il Parlamento che fa le leggi e il Governo che le attua, ma un Governo che potrà dettare l'agenda dei lavori parlamentari. (Art. 71 c.6). Viene, pertanto, meno la tripartizione dei poteri.

 

NO ad una riforma che limita gli spazi della democrazia e la partecipazione attiva dei cittadini attraverso l'innalzamento delle firme richieste per l'iniziativa legislativa popolare (da 50 mila a 500 mila) e per quelle richieste per il referendum popolare ( da 500 mila a 800 mila).

 

Purtroppo vedo poca informazione e nei media poco si parla del contenuto della riforma.

Tutto è diventato propaganda, tifo per quella o quell’altra fazione. Lo stesso Renzi ha falsato, fin dall’inizio, il valore del referendum, personalizzandolo. Inutile negarlo, per molti sarà un referendum pro o contro il governo. Non so quanto ciò potrà effettivamente influenzarne l’esito. Una cosa, comunque, è già accaduta. Si è creata una spaccatura che, indipendentemente dall’esito referendario occorrerà sanare per il bene del nostro paese. Si dovrà, trovare, quel punto d’incontro tra le forze politiche, che non si è trovato, e, forse non si è neppure cercato durante tutta la fase dei lavori di redazione della riforma.

 

Spero tanto che il voto delle urne sancisca la vittoria della Costituzione così come la hanno pensata i padri costituenti. Bisognerà, in ogni caso non abbassare mai la guardia continuando a vigilare per difenderne i valori di democrazia e libertà.

 

Buon voto a tutti.

 

B. M.

28.11.2016

 

O è Capodanno tutti i giorni o non è Capodanno mai

Potrei inziare il nuovo anno facendo un riepilogo degli avvenimenti personali o nazionali o addirittura internazionali che hanno caratterizzato il 2013.

 

Potrei esprimere i miei auguri più sinceri a tutti voi, e perchè no, pure a me stessa.

 

Potrei, infine, fare quell'odioso elenco di buoni propositi che si sa, in gran parte, verranno poi disattesi.

 

Ho deciso, invece, di inziare questo anno proponendovi una riflessione di uno dei più grandi pensatori italiani, Antonio Gramsci.

 

Perciò vi lascio alla lettura del brano qui sotto, non senza ricordarvi che oggi in fondo abbiamo aggiunto un solo giorno rispetto a ieri,;  il tempo è una convenzione, e ogni giorno, anche se non è il Primo di Gennaio, possiamo decidere di diventare migliori..

 

 

Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa del cielo, sento che per me è capodanno.

 

Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano un’azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.

 

Dicono che la cronologia è l’ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch’essi capodanni. Il capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell’età moderna. E sono diventati cosí invadenti e cosí fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 0 il 1492 siano come montagne che l’umanità ha valicato di colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Cosí la data diventa un ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa il film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.

 

Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo nell’animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.

 

Antonio Gramsci, 1° Gennaio 1916 su l’Avanti!, edizione torinese, rubrica “Sotto la Mole”

 

01 Gennaio 2014

Archivio

Pasquetta con i Tazenda

Un momento del concerto
Un momento del concerto

E’ stata una Pasquetta diversa, quella algherese. Innanzitutto il clima, più da Capodanno, per il freddo, il vento e la pioggia, che da inizio primavera, e poi la tanta gente che è accorsa in piazza affrontando le intemperie e che ha cantato e ballato sulle note suonate dal vivo del gruppo sardo più famoso, i Tazenda, nella nuova formazione.

 

E’ stato, proprio, questo il concerto numero zero, di un tour che partirà a breve e che ha visto per la prima volta sul palco la nuova inedita formazione. Dopo la dipartita di Beppe Dettori che per diversi anni aveva preso il posto di Parodi, da ieri è cominciata l’avventura di un giovane algherese, Nicola Nite, accompagnato calorosamente dalla sua città in questo importante debutto.

 

La piazza, gremita, dopo il via dato dal Sindaco Lubrano, si è scaldata e ha goduto di un concerto di più di due ore, con un Nicola Nite che ha calcato il palco come un veterano e che, insieme ai suoi compagni, ha saputo miscelare il passato più recente con quello dei successi più datati… E così abbiamo riascoltato Pane caente, La ricerca di te, Madre Terra, Carrasecare, Non la jamedas Maria, Mamoiada, Nanneddu, Sa festa, Spunta la luna dal monte, Pitzinnos in sa gherra nata da una collaborazione con Fabrizio de André e numerose altre che fanno, ormai, parte di un patrimonio che appartiene alla nostra amata isola.

 

In conclusione un omaggio all'indimenticato Andrea Parodi, con l’esecuzione di No potho reposare.

 

B.M.

02.04.2013

Un Papa che viene da lontano

Il 13 marzo il Conclave, alla quinta votazione, ha nominato il Cardinale Jorge Mario Bergoglio, successore di Pietro e ieri, Festa di San Giuseppe, si è svolta la cerimonia ufficiale del suo insediamento. A Lui e a noi auguro che da qui in avanti si scrivano pagine nuove nella Storia della Chiesa e dell’Umanità intera, grazie al suo fondamentale contributo.

 

Papa Francesco, fin dai primi minuti, quando dopo la sua elezione si è affacciato dalla loggia di San Pietro, ci è entrato nel cuore: è stata una ventata di aria fresca quel suo saluto, “Fratelli e sorelle, buonasera”. Una voce calma, calorosa, con quel suo accento che racconta di una terra lontana, l’Argentina, ha saputo con delicatezza entrare in contatto con il popolo di Dio.

 

Si è letto e sentito molto in questi giorni sulla figura del Cardinale Bergoglio. Non gli sono state risparmiate, neppure, le accuse di collusione con la dittatura di Videla, poi fortemente smentite e rigettata dal Premio Nobel per la Pace  del 1980 Adolfo Pérez Esquivel.

 

Il neoeletto Pontefice, in pochi giorni, ha, con gesti simbolici ma significativi, già tracciato quella che sarà la linea del suo pontificato… Segnali che dovrebbero essere un monito per chi si trova nelle Alte posizioni della società.

 

Coloro che auspicano profondi e radicali mutamenti nell’approccio di alcune tematiche (cancellazione celibato preti, matrimoni gay…) credo che non riceveranno le risposte che si attendono, ma viva resta, però, la speranza di un rinnovamento di cui Francesco potrebbe essere il fautore, e di cui la Chiesa ha davvero bisogno, oggi.

 

Benvenuto Papa Francesco.

 

B.M.

20.03.2013

 

 

 

 

L'anno che verrà...

dal web

Monti, spread, Concordia, emergenza neve, terremoto Emilia, rottamazione, primarie, crisi, scioperi, disoccupazione, suicidi, femminicidi, catastrofi, Fiorito e scandali affini, tasse, malati di sla, Obama, il bosone di Higgs (la cd particella di Dio) e ancora le Olimpiadi,, le Paralimpiadi, la profezia Maya, il pulcino Pio, il Gangnam Style sono solo alcune parole che descrivono l’anno che stiamo per salutare.

 

Alla fine dell’anno è inevitabile fare un bilancio, e cercare di ricavarne degli insegnamenti per il futuro, facendo tesoro delle esperienze vissute, conservando nei cassetti della mente i momenti più gioiosi, e ricordando gli errori, non tanto per infliggersi una pena quanto come monito per migliorarsi imparando dagli stessi.

 

L’arrivo dell’anno nuovo porta sempre con sé un carico di fiducia, di aspettative e di speranza accompagnati dai buoni propositi. E’ quasi come quando si chiude un libro e se ne apre uno nuovo tutto da scoprire. Ricordiamoci però che le pagine di questo libro speciale saremo noi a riempirle con impegno, dedizione e amore, cercando di dare sempre il meglio sia nella professione che nella nostra vita privata.

 

Il mio augurio a tutti voi per il 2013 è che vi sia concessa la serenità di accettare le cose che non potete cambiare, il coraggio di cambiare quelle che potete cambiare e la saggezza di distinguere tra le due.

 

Buon 2013 a tutti!

 

B. M.

31.12.2012

Bussando alle porte del cielo

Quando una persona cara lascia questo mondo, possono passare i giorni, i mesi e gli anni e ci sembreranno sempre tanti e pochi allo stesso tempo.

 

Tanti, come tanta è la mancanza che avvertiamo nell’assenza di chi fisicamente non è più con noi.

 

Pochi, perché se l’abbiamo davvero amata, continua ad essere ogni giorno con noi, e facciamo fatica a pensare che alzando il telefono non possiamo sentire più la sua voce. Così è anche il sentimento che mi pervade quando ti penso…

 

Ormai è passato un anno e manchi come se te ne fossi andato via un secolo fa, e sei presente come se ci fossimo sentiti ieri.

 

C’è un filo, c’è un pensiero continuo, a volte inconscio e inconsapevole, altre volte prepotentemente forte, che sale alla mente, che rievoca le cose dette e non dette, le risate, i pianti… E’ questo ciò che Foscolo, nella sua opera più bella,  I Sepolcri, chiama “corrispondenza d’amorosi sensi”…

 

[…]Celeste è questa
corrispondenza d’amorosi sensi,
celeste dote è negli umani; e spesso
per lei si vive con l’amico estinto

e l’estinto con noi […]”

 

Ciò che hai seminato, ciò che hai lasciato continua e continuerà a vivere in me e in tutti coloro che hai e che ti hanno amato.

 

Arrivederci Guido...

 

B. M.

05.11.2012

Per Alghero

Difficilmente utilizzo questo mio spazio per trattare direttamente opinioni e temi politici. Me ne servo, per condividere ciò che mi sta a cuore, ciò a cui tengo, ciò che mi ha particolarmente colpita e che ha mosso in me qualcosa e che per questo ho l’esigenza di trasmettere a chi mi legge, con la finalità umile e fiduciosa di stimolare l’altro a soffermarsi un attimo a riflettere su questo o quello.

 

E’ vero, ho appena affermato che non mi occupo di politica in questo blog. Però, cosa vuol dire esattamente far politica? Tutto, a mio avviso, rientra nella politica in senso lato. Ogni nostra azione, ogni nostro comportamento, ogni nostra scelta, seppur in maniera infinitesimale si riflette su tutto il resto del mondo… E se moltiplichiamo la stessa scelta, lo stesso comportamento, la stessa azione per 10, 100, 1000, 1.000.000 di soggetti che la reiterano nel tempo, ecco che allora si determina un certo orientamento.

 

Ma veniamo a ciò che mi sta a cuore in questo momento.

 

Dopo una lunga campagna elettorale, la nostra, la mia amata città sta per eleggere il suo primo cittadino. Domenica e lunedì prossimi, gli algheresi, infatti, sono chiamati all’ultimo atto, il voto di ballottaggio tra i due candidati a sindaco.

 

Non entro nel merito di quanto sta accadendo in città, in particolare in queste ultime settimane, e che riflette, ancora una volta, una certa miseria (dovuta forse alla crisi economica) che si tramuta in qualcosa di assai più pericoloso, la miseria morale, la pochezza di taluni che per pochi spiccioli abdicano la loro libertà decisionale.

 

Ho visto, proprio ieri, la registrazione dell’intervento di Michela Murgia, a “La Repubblica delle idee” e ha detto cose molte interessanti e sulle quali ho riflettuto e mi sono trovata concorde.

 

In sostanza, tra le tante cose, diceva di guardare al mondo come a un grande contenitore di narrazioni, nelle quali possiamo o meno riconoscerci. E’ un esercizio un po’ difficile, questo, ma una volta allenati, riusciremo a individuare le varie storie discernendo quelle vere da quelle false, e a capire se vogliamo farne parte o meno.

 

Ora, trasponendo questo discorso su Alghero, sull’appuntamento di questo fine settimana, ciò che ci dobbiamo chiedere è quale sia la narrazione che ci convince, che è più in sintonia con noi, e che vogliamo vivere per i prossimi cinque anni.

 

Da una parte abbiamo una narrazione ammuffita, che sa di stantio e che ha prodotto in questi ultimi dieci anni ciò che è sotto gli occhi di tutti, residenti e persone di passaggio…

Dall’altra parte, un gruppo di persone che si propone di ridare dignità alla città, riportandola ad essere vivibile e ricreando una comunità il cui benessere sia diffuso tra tutti e non tra i soliti pochi.

 

Credo che chi ama davvero questa città non possa che concederle la speranza di un vero rinnovamento che rompa con il passato scardinando quei meccanismi che hanno finora garantito le posizioni di alcuni a scapito di tutti gli altri.

 

Auguri Alghero!

 

18.06.12

 

 

Primo Maggio

 

In questa giornata il mio pensiero va…

 

A chi un lavoro ancora non ce l’ha

A chi l’ha appena trovato

A chi ha paura di perderlo

 

A chi fa il lavoro dei suoi sogni

 

A chi vive da precario



A chi vede calpestati i propri diritti

 

A chi lavora con onestà e dignità

 

Agli esodati

A chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese

A chi getta la spugna per disperazione e lascia questo mondo

Alle vittime degli incidenti sul lavoro e alle loro famiglie

A chi è stato colpito dalle cosiddette malattie professionali

 

A chi fa del suo lavoro una missione

 

Ai nostri nonni e ai nostri genitori che hanno lottato per i diritti e la dignità dei lavoratori

 

Buon Primo Maggio a tutti

 

01.05.2012

 

 

 

 

WWW mi piaci tu!

Internet ci dà la sensazione di tuffarci in un mondo parallelo, che ci consente di staccarci dalla nostra quotidianità. Per alcuni è una necessità imprescindibile. Penso a tutti quelli che a causa di una condizione fisica, non proprio favorevole, sono “costretti” a trascorrere molte ore in casa, se non la totalità della loro vita e allora il web rappresenta una finestra indispensabile dalla quale, oltre ad attingere le informazioni più svariate, si può lanciare una voce, a volte un urlo, verso il resto del mondo: un S.O.S. che si disperderà nell’etere o che qualcuno, forse, raccoglierà. Internet, perciò, per alcuni rappresenta un’occasione in più, uno svago, un modo per interagire anche con chi si trova a centinaia o migliaia di chilometri di distanza, per altri, come suddetto, costituisce un’occasione irrinunciabile, a volte, per sentirsi ancora parte di un qualcosa.

 

E così negli ultimi anni, la diffusione del pc e dell’adsl nelle famiglie ha favorito il successo dei social networks… Piazze virtuali dove condividere con chiunque pensieri, foto, preferenze e aspetti della nostra vita che fino a poco tempo fa, tenevamo per noi e per la nostra limitata cerchia di amici e familiari. Stiamo, insomma, assistendo, ad un diverso modo di approcciarci all’altro.
Non sto dicendo che sia né un fatto totalmente positivo, né totalmente negativo, piuttosto come in tutto, manca, a volte, la misura delle cose.

 

Siamo schiavi di un’urgenza di condividere con il mondo ogni piccolo pensiero; il primo che ci frulla in testa, anche se sostanzialmente si tratta di una "cazzata", finisce nella rete. Siamo, per così dire, presi dalla frenesia di lanciare l’idiozia della giornata appena svegli…
Ci illudiamo di essere diventati importanti per qualcuno, solo perché ci mette il suo “mi piace” di qua e di là, o ci “segue” su twitter; importanti per chi magari non ci ha mai incontrato, e/o non ci hai neppure sentito per telefono. Ovvio, ci sono anche le eccezioni, ci sono incontri nati sul libro delle facce, che poi hanno fatto il salto di qualità e si sono trasformate in conoscenze reali e poi amicizie davvero importanti e di queste ne sono testimone.

 

La rete ci offre grandi possibilità, ma anche tante insidie… Sarà banale, ma è meglio sempre ribadirlo, soprattutto per i giovanissimi; internet deve rappresentare quel qualcosa in più, e non il centro della propria vita.

 

Viviamo in un’epoca dove troppo spesso regna più la superficialità della sostanza, l’epoca dell’usa e getta, della frenesia, dove non può proprio esistere il concetto di “noia”, non esistono tempi morti, dove se non sei veloce ed efficiente sei perduto, se non ti conformi non sei nessuno. Stiamo perdendo mano a mano la nostra individualità, senza rendercene nemmeno conto, siamo sempre meno noi i padroni delle nostre scelte a dispetto di quello che ci vogliono far credere e sempre più manipolati dagli slogan pubblicitari. Chi non è ben “equipaggiato” rischia di sentirsi inadeguato e non accettato e così diventa molto più facile accendere un pc, chattare e inventarci un alter ego... Ma chattare non è sinonimo di comunicare, laddove per comunicazione dobbiamo intendere quella complessità di codici verbali e non verbali che nel loro insieme, sono capaci di trasmettere messaggi palesi e/o inconsci al nostro interlocutore. Chattare, cioè scriversi a distanza, attraverso un pc, va da sé è una forma di comunicazione molto riduttiva e pertanto foriera di trasferire ad altri messaggi distorti rispetto a ciò che effettivamente pensiamo e/o vogliamo far arrivare all’altro. Chi trascura, pertanto, questi aspetti, rischia inevitabilmente di riporre sull’altro aspettative che potrebbero non corrispondere alla realtà. Poche informazioni, alta probabilità di far valutazioni non proprio corrette.

 

Ogni cosa che ci circonda, potenzialmente, è un’arma a doppio taglio, sta a noi, alla nostra sensibilità ed intelligenza servirci degli strumenti che abbiamo a disposizione evitando di diventarne schiavi.

26.03.2012

 

Capodanno in libreria. Incontro con Baccini

In occasione della sua presenza in città per un concerto inserito nell’ambito degli eventi previsti dal Cap d’Any di Alghero, la Libreria Il Labirinto Mondadori ha organizzato un incontro con il cantautore genovese Francesco Baccini. A dialogare con l’ospite, Paolo Zicconi, algherese e cultore di Tenco.   

 

Dal gennaio dello scorso anno, Baccini è in tour per l’Italia con lo spettacolo Baccini canta Tenco “… porto a spasso Luigi nei teatri…”. Da questa esperienza è nato il cd uscito nel novembre scorso dal titolo omonimo. 

Il cantautore ci accompagna in un viaggio dentro la musica e la poetica di un Tenco dimenticato perché “schiacciato” dalla sua tragica fine. Quando si pensa a Tenco, la mente va a quel Sanremo e alle tante domande rimaste senza risposta.

 

La produzione tenchiana abbraccia grosso modo un periodo di sei anni, nei quali il poeta riesce a mettere i semi da cui attingeranno coloro che verranno dopo.

Tenco fu il primo a scrivere testi con tematiche sociali, De Andrè arrivò dopo. Iniziò ad esplorare quel teatro canzone che, poi, fu il punto forte gaberiano. Con Tenco viene reinventata e destrutturata la canzone, non esistono più i ritornelli: Baccini, commenta amaramente che l’unica canzone con il ritornello – “Ciao amore ciao” -, non gli portò bene.   

Considerare Tenco un autore, un uomo volto alla tristezza, alla depressione è quanto di più sbagliato si possa fare… Tenco era uno, che più che altro, era arrabbiato, viveva il disagio, osservava il mondo, il suo evolversi e “denunciava” ciò che non andava.

 

Tenco fu, insomma, un anticipatore, un precursore dei tempi, era molto avanti… Un autore ancora attualissimo e il suo valore è ancor maggiore se pensiamo che non visse neppure il ’68… Ma i contenuti c’erano già tutti. 

La sua grandezza risiede, anche, nell’uso di un linguaggio diretto che lo faceva arrivare a chiunque lo ascoltasse. Per questo, forse, ritenuto scomodo e pericoloso. Ricordiamo, a tal proposito, che la sua canzone “Cara Maestra” gli valse l’allontanamento dagli schermi televisivi per due anni.

 

Baccini, nel suo disco in omaggio al collega, ha compiuto un lavoro di recupero incidendo il testo originario di “Ciao amore ciao” che nacque come canzone contro la guerra e che venne rimaneggiato a pochi giorni dalla esibizione sanremese perché i discografici glielo imposero. 

Il cd non si propone di essere una semplice raccolta di cover. Baccini ripropone, in chiave moderna e con arrangiamenti acustici, testi che paiono così attuali da poter essere scritti oggi.

 

 

Quanto sopra è un breve sunto di ciò che è emerso nell’ora circa della “chiacchierata” tra Francesco Baccini e Paolo Zicconi; un incontro che si è aperto con la lettura della lettera che Patrizia Tenco ha inviato alla libreria come ringraziamento per l’iniziativa e che ci ha consegnato un Tenco, ai più sconosciuto,  e un Baccini, forse un po’ meno “scanzonato” da come ci ha abituato e un tantino più “intellettuale”.

 

03.01.2012

 

 

 

Quando la lingua "pizzica"...

Una fresca serata settembrina, il piacere di andare a seguire la presentazione di un libro, un libro di un autore che non conosco, il cui nome non mi dice nulla, ma condotta da un altro scrittore, uno scrittore sardo con alle spalle già un bel numero di opere pubblicate e che, tra l’altro, ho letto quasi tutte.

Flavio Soriga presentava, infatti, ieri l’altro, nel cortile della Facoltà di Architettura di Alghero “Lu campo di girasoli” di Andrej Longo scrittore ischitano già autore di libri di un certo successo quali “Dieci”, “Chi ha ucciso Sarah?”

Che dire?! Per una che adora i girasoli, la lettura e Flavio Soriga, l’occasione era di quelle da non perdere.

 

Un pubblico attento ed emotivamente partecipe si è lasciato condurre dall’affabilità di Andrej Longo che, con la sua appassionata narrazione, ha catturato l’ascoltatore catapultandolo con la complicità del suono della pizzica, in un luogo inesistente dove, però, accadono cose tragicamente realistiche e si snodano vicende e personaggi che sono vicino a noi. E’ un libro che parla di violenza, di fatalismo, di sopraffazione del forte sul più debole, del maschio sulla femmina, di arroganza, ma che è tinto anche dei colori dolci dell’amore.

Un momento della serata. Da sinistra A. Longo e F. Soriga
Un momento della serata. Da sinistra A. Longo e F. Soriga

La particolarità di questo romanzo sta nel fatto che è scritto in una lingua che non esiste… Una lingua che è un miscuglio di lingue, più precisamente di idiomi del sud che vanno dal campano, al pugliese, al siciliano. Una lingua nata dalla fantasia dell’autore o meglio da un suo sogno. Longo ha raccontato che una notte ha sognato alcune persone in un luogo indefinito che parlavano questa strana lingua. Svegliatosi (per fortuna), ha appuntato due o tre pagine in modo da lasciarne traccia prima che la notte ne spazzasse via il ricordo.

 

Il libro racconta una storia, una storia senza tempo, che, per certi versi, ha sapore di antico ma che potrebbe benissimo collocarsi ai giorni nostri. Volutamente, perciò, l’autore ha evitato di inserire qualsiasi riferimento temporale e spaziale, limitandosi, con l’artifizio linguistico, a far capire che i personaggi si muovevano in un paesaggio meridionale.

 

Longo, incalzato dalle domande di Soriga, ha narrato aneddoti legati alla stesura del libro, dalla sua nascita al suo perfezionamento, senza mancare in riferimenti inerenti il suo percorso di studi, di vita, fino al momento della pubblicazione del suo primo lavoro per Adelphi. Il tutto intervallato dalla lettura, proposta dallo stesso autore, di alcuni brani che hanno contribuito in maniera efficace a far percepire al pubblico l’essenza del romanzo.

 

In conclusione della serata, Andrej Longo ha letto un brano tratto da “I diavoli di Nuraiò” di Flavio Soriga, pubblicato nel 2000, per omaggiare l’amico che lo ha intervistato.

 

07.09.2011

 

 

 

 

 

Buon Compleanno, Italia!

Ciao cari lettori, ho un po’ trascurato questo mio spazio. Impegni personali e altro mi hanno allontanata per qualche tempo dalla mia giovane “creatura”. Nel frattempo, vi sarete accorti, il clima sta cambiando… Sì sì, l’estate ormai è arrivata, le scuole sono finite, ancora pochi studenti ed insegnanti impegnati sui banchi per esami e scrutini e poi c’è il mare e il meritato riposo che li aspetta. Ma non è solo meteorologico il clima che sta cambiando nella nostra bella Italia. A conferma di ciò i risultati delle elezioni amministrative di un mese fa, e il più recente risultato referendario, ben oltre le aspettative. Ricordo, a tal proposito, che dobbiamo tornare indietro di sedici anni per rintracciare l’ultimo referendum che ha raggiunto il quorum. Questi referendum sono stati lungamente osteggiati, fino al martedì precedente il voto, - cioè fino alla sentenza della Corte Costituzionale che si è pronunciata sulla validità del quesito sul nucleare -, vi erano incertezze. Abbiamo assistito ad un oscuramento nell’informazione e a una lotta fino all’ultimo per scongiurare il raggiungimento del quorum. Gli Italiani, però, hanno colto l’importanza del voto e in massa da nord a sud hanno ignorato l’invito, di qualcuno, ad andare al mare, e hanno compiuto il loro dovere, difendendo i valori in cui credono ed il futuro dei loro figli.

 

Guardo a questi esiti con cauta speranza, e con un pizzico di ottimismo. Credo rappresentino non solo la risposta ad una classe politica dirigente che ormai ha perso la sua credibilità ma soprattutto una vera presa di posizione dei cittadini. Nella ricorrenza dei 150 anni dell’Unità d’Italia, gli Italiani stanno dimostrando vero amore per la loro patria. Hanno detto quattro chiari sì:

per abrogare la norma che introduceva l’energia nucleare

per abrogare la legge che prevedeva la privatizzazione di un bene primario quale l’acqua

per abrogare la norma che permetteva di ricavare profitto dalla gestione dell’acqua

per abrogare una delle leggi ad personam, quella riguardante il legittimo impedimento.

Uomini e donne di buona volontà, tra cui tantissimi giovani, si sono mobilitati dimostrando che volere è potere, che si può cambiare, che il cambiamento, che il rinnovamento, parte da ciascuno di noi. Gandhi disse: “Sii tu stesso il cambiamento che vorresti vedere nel mondo”. Noi tutti, nel nostro piccolo, all’interno della nostra famiglia e nella nostra piccola rete relazionale, possiamo dare un segnale forte. Non c’è bisogno, necessariamente, di fare politica attiva affinché il nostro paese possa tornare a risplendere, ma è fondamentale fare in modo che ognuno di noi, all’interno della società, con il proprio lavoro, con il proprio stile di vita, con l’assolvimento dei doveri civici e facendo dell’onestà, del rispetto del prossimo, la propria condotta di vita, si faccia portatore di un esempio riproducibile che sia capace così di propagarsi per “contagio”…

 

Inoltre, bisognerebbe riscoprire quei valori che sono stati principi ispiratori della nostra Carta Costituzionale (la più bella del mondo), che ci hanno permesso di ricostruire un’Italia distrutta dalla guerra e dal ventennio fascista e che hanno fatto della nostra nazione un “marchio” riconosciuto e apprezzato nel mondo.

 

Auguri mia cara Italia.

 

21.06.2011

 

 

 

 

 

 

 

Oggi un Dio non ho

 

Si è tornato a parlare, in questi giorni, del Crocifisso nei luoghi pubblici. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si è pronunciata accogliendo il ricorso del governo sull’esposizione del Crocifisso nelle scuole pubbliche, ribaltando, di fatto, la sentenza che, nel novembre del 2009, dando ragione alla cittadina italiana di origini finlandesi, Sole Lautsi, condannò l’Italia per violazione della libertà religiosa.

 

Questa sentenza mi porta a fare alcune considerazioni e riflessioni personali.

 

Se fossi di una cultura diversa, probabilmente, il Crocifisso non mi rappresenterebbe niente, tutt'al più lo riconoscerei come simbolo religioso di una fede che non mi appartiene, e lo vedrei quasi come un ornamento mai come una minaccia alla mia libertà e tantomeno come fonte di disagio. D’altro canto, però, sarei moralmente “autorizzata” a chiedere che venga esposto, anche il mio simbolo religioso, nell'aula in cui ascolto la lezione o vengo processata.

 

Posso, onestamente, affermare che da cristiana, la presenza o meno del Crocifisso, non aggiunge e non toglie nulla alla mia fede. Non ho bisogno di guardare una croce o l’immagine della Madonna per avvertirne la presenza.

Detto ciò, sono del parere che sarebbe auspicabile non ricorrere alla giustizia per questioni che dovrebbero trovare la loro ragione d’essere nel buon vivere civile.

 

Tutti questi dibattiti sorgono, verosimilmente, a causa di un basso livello culturale, non parlo di istruzione, quanto della incapacità dell’uomo, di andare “oltre” se stesso. Si ravvisa, in più, l’impeto di affermare le proprie convinzioni a discapito delle altrui.

 

Chi è che ha deciso che io, per esempio, nascessi in Italia, invece che in India o in qualsiasi altro posto? Sarebbe stata sbagliata, allora, la diversa formazione spirituale che avessi, in tal caso, ricevuto e accolto? Credo, assolutamente, di poter rispondere di no. Tutte le religioni hanno pari dignità, non esiste una fede più giusta di un’altra. Ho sempre pensato che, al di là delle differenti dottrine, ci sia un solo Dio, il quale, per poter confrontarsi con culture molto diverse tra loro, ha dovuto usare linguaggi appropriati. Difatti i messaggi e le risposte che ci vengono dalle religioni, sono a grandi linee, molto simili: si parla di Amore, di compassione, e di speranza e tutte più o meno prospettano una vita oltre la morte.

 

E’ l’uomo che, poi, si serve della religione in modo improprio, qualche volta la usa a giustificazione delle più grandi nefandezze che si possano compiere, altre volte per aprire dibattiti “sterili” che puntualmente vengono strumentalizzati dall’una o dall’altra fazione così come nel caso sottoposto al giudizio della Corte Europea.

 

04.04.2011

 

 

 

 

 

 

L'ora del thè

 

Accendendo la tv, spesso ci troviamo di fronte a contenitori televisivi, pseudo talk show che trattano il caso del giorno che poi diviene caso del mese fino a quando la cronaca non ci consegna, nostro malgrado, una vicenda altrettanto “orribile” sulla quale disquisire durante l’ora del thè!

Mi riferisco, in particolar modo, a quello che si è visto in tv, soprattutto negli ultimi mesi. Abbiamo trascorso l’estate  e l’autunno seguendo il caso di Avetrana, poi il caso di Yara, delle gemelline…

Opinionisti più o meno validi, soubrette, veline, psichiatri, avvocati, giornalisti si alternano nei salotti televisivi per argomentare, per darsi risposte ... intervallati dagli interventi dei giornalisti direttamente “dal fronte” per gli ultimissimi sviluppi.

 

Alla base di ciò sembra esserci un circolo vizioso nel quale si muovono gli “attori” di questo teatrino. Tutto scorre, tutto passa davanti ai nostri occhi, ormai pare che non sortisca in noi alcun effetto, non ci indigniamo quasi più, fa tutto parte della normalità quotidiana, chi uccide chi, chi violenta chi, per chi per cosa, e tutti lì davanti alla tv a seguire la “soap opera” mediatica e a “giocare” a Sherlock Holmes.

 

Abbiamo perso il senso delle cose, della realtà, tutto viene spettacolarizzato: è questa la legge dell’audience. Si punta a raccogliere ascolti facili, si stimolano gli istinti meno “virtuosi” dei telespettatori….  Tutto in nome dell’audience… Ma il concetto di quantità mal si concilia con quello di qualità.  Non ci stupisce, poi, così tanto, se delle mamme, a Napoli, scelgono di travestire i loro figli a Carnevale da Michele Misseri.

In tutto questo circo mediatico si è distinta la comunità di Brembate e la famiglia di Yara che difendendo la loro intimità e il loro dolore hanno dato una grande lezione di dignità.

 

Un tempo c’era una sorta di autoregolamentazione, non si oltrepassavano certi confini, ora non solo si oltrepassano ma il confine si è, anche, spostato sempre più in avanti.

 

Sta a noi intervenire, abbiamo una grande arma, spegnere la tv. Forse non riusciremo a cambiarla, ma per lo meno eviteremo di “impoverirci”, riappropriandoci di noi, attraverso la riscoperta del piacere di leggere o dedicandoci alla visione di un’opera cinematografica.

 

08.03.2011

 

 

 

 

 

 

 

La mia fede

Ho sempre avuto fede, e non è mai venuta meno, nemmeno in conseguenza della malattia che ha colpito mia madre.

Ne ho sentito, in giro, di opinioni e commenti, da persone, conoscenti e familiari…

“Se c’è un Dio, perché ha voluto questo?”

Come se tutto ciò che ci riguarda, che ci fa soffrire dipenda da lui. Ma mai o raramente, siamo disposti a dargli merito dei nostri successi, delle nostre gioie, di tutto il bene che godiamo.

Un tempo le malattie venivano considerate delle punizioni divine. Io credo, semplicemente, che siano da attribuirsi all’essenza fragile dell’uomo. Si nasce, si vive, più o meno bene, si può arrivare ad una certa età senza grossi problemi di salute oppure ammalarsi anche da giovani.

Credo che ognuno di noi abbia un percorso da compiere, un compito da svolgere su questa terra… Dio ci manda dei segnali, dei messaggi, anche attraverso le persone che incontriamo sulla nostra strada, sta a noi coglierli e farne tesoro.

 

19.02.2011

 



 



 

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