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Grande donna e grande scienziata, oggi si è spenta all'età di 103 Rita Levi Montalcini

E' morta la senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Il premio Nobel per la medicina si è spenta nella sua abitazione a Roma in via di Villa Massimo, a due passi da Villa Torlonia. Aveva 103 anni ed era nata a Torino. La notizia è stata verificata anche dalla Questura di Roma. La scienziata era con alcune persone care che, di fronte al peggioramento delle sue condizioni di salute, hanno subito chiamato un'ambulanza per portarla alla vicina casa di cura Villa Margherita. Ma il quadro clinico è andato rapidamente peggiorando. Quando il personale del 118 è arrivato sul posto, non ha potuto fare altro che costatarne il decesso.
 
Rita Levi Montalcini nel 1986 vinse il Premio Nobel per la medicina grazie alla scoperta e all'identificazione del fattore di accrescimento della fibra nervosa. E' stata, inoltre, la prima donna a essere ammessa alla Pontificia Accademia delle Scienze. Nel 2001 fu nominata senatrice a vita, dall'allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, che la scelse per i suoi meriti sociali e scientifici.

 

Fonte: repubblica.it

30.12.2012
 

L'imperfetta Rita Levi Montalcini

Una bambina che non sapeva dare baci e aveva il terrore dei giocattoli a molla, un’adolescente riluttante al contatto fisico che imparò ad essere una libera pensatrice e una studentessa rigorosa, una donna che rifiutò i condizionamenti sociali e i percorsi prestabiliti: prima di tutto una donna rivoluzionaria, Rita Levi Montalcini. La scienza e il Nobel arrivarono molto dopo: prima di tutto lei fu una donna cresciuta in un periodo storico in cui avere due cromosomi X significava veder represse, sminuite e mortificate le proprie doti intellettuali.

 

 

“L’esperienza del ruolo subalterno che spettava alla donna in una società interamente gestita dagli uomini, mi aveva convinta di non essere tagliata per fare la moglie. Non mi attraevano i neonati ed ero del tutto priva del senso materno così sviluppato nelle bambine e nelle adolescenti.” (Rita Levi Montalcini, Elogio dell’imperfezione)

 

 

Definita da un compagno universitario “una specie di seppia pronta a schizzare inchiostro contro chi si avvicinava”, Rita Levi Montalcini attraversò la vita indossando abiti monacali e dedicandosi completamente alla ricerca: a dispetto dei pregiudizi e anche dispetto anche della guerra, che la mise moltissime volte in pericolo e la costrinse ad uscire dalle università italiane e a continuare la ricerca rinchiusa in stanze nascoste.

 

Da allora ha vissuto e studiato molto tempo all’estero, ha dato un contributo importantissimo alla neurobiologia, ha vinto il Nobel e ha combattuto molte battaglie.
Da anni si occupa dell’altra parte del mondo (così come l’ha definita in un libro), e attraverso la sua Fondazione finanzia migliaia di borse di studio per ragazze del Continente africano: le donne rappresentano il 70% dei poveri del mondo, e nei suoi cento anni dedicati all’umanità, Rita Levi Montalcini si è presa cura anche di loro.
Perché le donne sono capaci di ricostruire un tessuto sociale distrutto, educare le generazioni a venire, individuare territori di conciliazione, adattarsi ai cambiamenti più difficili, e sono dotate di un potenziale umano inespresso che può diventare un motore formidabile di cambiamento: culturale, politico, etico e qualitativo.

 

 

 

Quando una donna entra in politica è la donna a cambiare. Ma quando tante donne entrano in politica, è la politica a cambiare” (Michelle Bachelet, primo presidente donna del Cile)

 

 

Fonte: Maggie's blog

ARCHIVIO

25 Novembre. Giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

In questa ricorrenza, leggo sul blog di Michela Murgia, un suo articolo comparso ieri su "La Stampa", e scritto su invito del suo direttore, Mario Calabresi

L'uomo è cacciatore.
È da quando ho le orecchie per sentire che questo modo di dire ritorna inesorabile in ogni discorso in cui si voglia giustificare in un uomo l'attitudine all'incostanza sentimentale, l'insistenza ottusa nel corteggiamento o la frustrazione di chi si è visto sfuggire di mano la preda perché lei, rompendo le regole del gioco di ruolo, gli ha imposto un rifiuto netto e non previsto. Lo dicono i padri ai figli e le madri alle figlie; se lo ripetono tra loro gli amici ammiccanti con una pacca sulle spalle e lo mormorano le donne alle amiche con un'alzata di occhi al cielo, tutti con la stessa leggerezza: “he, che ci vuoi fare... L'uomo è cacciatore e la donna è preda”.
Magari dopo averla detta sorridono.
Non realizzano di avere dentro alla testa l'associazione micidiale tra seduzione e morte.

 

Fanno finta di non ricordarsi che il cacciatore la preda la insegue per ucciderla.

Le donne in quella frase ascoltano una storia dove si dice loro che essere desiderate implica il rischio di essere uccise.
Ogni volta che quella frase viene ripetuta, si consolida inconsapevolmente in chi ascolta la convinzione che quello che viene messo in scena a parole sia non solo accettabile, ma faccia addirittura parte della natura della cose: l'uomo insegue, la donna scappa, l'uomo spara, la donna muore, amico: che ci vuoi fare? Il linguaggio comune è pieno di espressioni simili. Chi le usa non pensa ai loro sottotesti, ma questi passano anche se chi li veicola non ne è perfettamente consapevole, perché le parole hanno un grande potere: confermano immaginari, consolidano visioni e generano realtà.

 

Il numero di donne uccise dagli uomini ogni anno in questo paese parla chiaro: per quanto si cerchi ancora di rubricarli come casi singoli di follia circoscritta, i femminicidi appaiono sempre più chiaramente come un fenomeno culturale, la radiografia di una società maschilista in crisi dove il prezzo della vita delle donne è messo in conto come danno collaterale alla perdita degli equilibri di ruolo. In questo processo di minimizzazione le parole che usiamo per raccontare gli uomini, le donne e le loro relazioni hanno un peso enorme e ancora troppo poco considerato da chi pratica parola pubblica e ha la responsabilità di renderne conto.

Così negli ultimi anni è accaduto che si siano mobilitate associazioni contro la pubblicità sessista, che le donne si siano organizzate anche in piazza per chiedere maggiore rispetto dalle istituzioni e che si sia alzata la voce per pretendere maggiori investimenti verso i centri di accoglienza e supporto contro la violenza. Ma in questo moto evidente di sensibilizzazione è accaduto anche che i professionisti della parola – giornalisti e giornaliste, professionisti televisivi e opinionisti a tutti i livelli mediatici – poche volte abbiano sentito altrettanto forte il desiderio di riflettere sul linguaggio che racconta la relazione tra i sessi e sulle sue conseguenze.

 

Il modo in cui i quotidiani danno le notizie dei femminicidi è un esempio evidente di normalizzazione della narrazione violenta che riguarda i rapporti tra uomini/cacciatori e donne/prede. Delitto Passionale, Violenza Familiare, Dramma della Gelosia, Raptus di Follia: sono tutte espressioni che ripetono e amplificano l'idea che amore e morte siano apparentati, che familiare sia un complemento di specificazione della violenza, che il sentirsi traditi o deprivati la possa giustificare e soprattutto che gli esiti estremi, quelli che lasciano le donne senza vita sui pavimenti delle loro stesse case, siano gesti fuori dalla ragione, colpe senza colpevoli, buchi neri dove far svanire ogni tentativo di lettura più complessa.

 

È necessario che i narratori delle trame pubbliche si fermino e si riprendano la responsabilità delle parole. Occorre fare insieme la fatica di confrontarsi per provare a rivedere le storie comuni che tutti abbiamo contribuito a consolidare; solo da una nostra differente volontà narrativa può scaturire la possibilità che il futuro delle donne sia un'altra storia.

 

Michela Murgia

Fonte: michelamurgia.com

 

 

V Giornata nazionale per la lotta alla sla

Domenica 7 ottobre 2012 AISLA Onlus sarà presente in oltre 100 piazze italiane grazie a centinaia di volontari, per promuovere la campagna di sensibilizzazione e di raccolta fondi “Quello buono” sostiene la ricerca a favore di un progetto di counselling per il paziente con SLA. In ognuna di esse i volontari AISLA distribuiranno una bottiglia di vino Barbera d’Asti DOCG, creata per l'occasione in Edizione Limitata a fronte di un contributo minimo di 10 euro e saranno a disposizione per fornire informazioni sull’attività dell’Associazione.

 

Dal 30 settembre al 14 ottobre 2012, inoltre, con un SMS solidale o con una chiamata del valore di 2 o 5 euro al numero 45505 sarà possibile dare un ulteriore contributo

 

La raccolta fondi andrà a sostegno di un progetto di ricerca dal titolo: “Counselling clinico-genetico dedicato ai pazienti affetti da Sclerosi Laterale Amiotrofica: creazione di un percorso di presa in carico multidisciplinare”. Il Progetto sostenuto è volto ad elaborare un modello di counselling clinico-genetico specifico per il paziente con grave malattia neurodegenerativa come la SLA, non escludendo ulteriori possibili applicazioni ad altre malattie neuromuscolari. Inoltre, lo studio permetterà di aumentare e migliorare i dati clinici e genetici raccolti in un database dedicato utile per la ricerca delle correlazioni tra modalità di espressione della malattia (modalità di esordio, aggressività, velocità di progressione, tipo di diffusione, etc.) e i risultati genetici ottenuti. Il coordinamento del progetto sarà affidato al dottor Massimo Corbo del Centro Clinico NEMO (NEuroMuscular Omnicentre) presso l’Ospedale Niguarda Ca' Granda, centro dedicato allo studio e alla cura delle Malattie Neuromuscolari.

 

Sempre a sostegno della Giornata Nazionale segnaliamo che il giorno 13 Ottobre, insieme ai Podisti da Marte, si terrà a Milano una corsa benefica (6 km) che partirà alle 9.00 dalla fontana di Piazza Cairoli. Per chi non corre invece, l’appuntamento è alle 10.00 in Piazza Duomo, per un Flash Mob da non perdere!

 

Per maggiori informazioni consultate i siti  www.aisla.it e www.podistidamarte.it

 

Fonte: Aisla

 

 

 

 

Referendum Sardegna 2012

Il 6 Maggio 2012 gli elettori sardi potranno esprimersi per dire la loro sul futuro della Sardegna grazie a cinque quesiti referendari abrogativi e cinque consultivi. Si voterà, in un'unica giornata, dalle ore 6:30 alle ore 22:00. .

 

I referendum abrogativi sono relativi all'abolizione delle nuove province, il quesito numero 5, inoltre chiede un parere ai sardi su un'eventuale abolizione anche delle 4 province storiche della Sardegna (Cagliari, Oristano, Nuoro e Sassari).

Tra gli altri referendum consultivi segnalo quelli che riguardano l'elezione diretta del Presidente della Regione Sardegna, la riduzione dagli attuali 80 membri del Consiglio Regionale a 50, la riscrittura dello Statuto della Regione Autonoma Sardegna.

 

Ma ecco, in dettaglio, il testo dei 10 quesiti.

 

Referendum n.1: - Scheda Verde scuro

"Volete voi che sia abrogata la legge regionale sarda 2 gennaio 1997, n.4 e successive integrazioni e modificazioni recante disposizioni in materia di "Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni provinciali?".

 

Referendum n.2: - Scheda Grigia

"Volete voi che sia abrogata la legge regionale sarda 1 luglio 2002, n.10 recante disposizioni in materia di "Adempimenti conseguenti alla istituzione di nuove Province, norme sugli amministratori locali e modifiche alla legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4?".

 

Referendum n. 3: - Scheda Arancione

"Volete voi che sia abrogata la deliberazione del Consiglio regionale della Sardegna del 31 marzo 1999 (pubblicata sul BURAS n. 11 del 9 aprile 1999) contenente "La previsione delle nuove circoscrizioni provinciali della Sardegna, ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4?".

 

Referendum n. 4: - Scheda Rosa

"Volete voi che sia abrogata la legge regionale sarda 12 luglio 2001, n. 9 recante disposizioni in materia di "Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio?".

 

Referendum n. 5: - Scheda Verde chiaro

"Siete voi favorevoli all'abolizione delle quattro province "storiche" della Sardegna: Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano?".

 

Referendum n. 6: - Scheda Gialla

"Siete voi favorevoli alla riscrittura dello Statuto della Regione Autonoma della Sardegna da parte di un'Assemblea Costituente eletta a suffragio universale da tutti i cittadini sardi?".

 

Referendum n.7: - Scheda Viola

"Siete voi favorevoli all'elezione diretta del Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, scelto attraverso elezioni primarie normate per legge?".

 

Referendum n.8: - Scheda Marrone

"Volete voi che sia abrogato l'art. 1 della legge regionale sarda 7 aprile 1966, n.2 recante "Provvedimenti relativi al Consiglio regionale della Sardegna" e successive modificazioni?".

 

Referendum n. 9: - Scheda Fucsia

"Siete voi favorevoli all'abolizione dei consigli di amministrazione di tutti gli Enti strumentali e Agenzie della Regione Autonoma della Sardegna?".

 

Referendum n. 10: - Scheda Celeste

"Siete voi favorevoli alla riduzione a cinquanta del numero dei componenti del Consiglio regionale della Regione Autonoma della Sardegna?".

 

 


 

 

Rossella Urru Libera

Rossella Urru è una studiosa del mondo arabo che al momento del rapimento lavorava nel campo profughi Saharawi, nel sud dell’Algeria per conto del Cisp, il comitato internazionale per lo sviluppo di popoli. Il 23 ottobre 2011 è stata rapita da un gruppo di persone, arrivato con delle jeepdal confine con il Mali, forse della branca Saharawi di Al-Qaeda del Maghreb.
 

 

Sin dal giorno del suo rapimento la società sarda si è mobilitata per chiedere la liberazione di Rossella. Iniziative di sensibilizzazione in occasione di manifestazioni sportive,happening, feste comandate. Gli striscioni “Liberate Rossella”, sono comparsi dovunque. Protagonisti i giovani, i coetanei di Rossella, che hanno messo in piedi le più svariate iniziative, dai motoraduni, alle sfilate ad hoc per il Carnevale. Anche le istituzioni sarde, dal consiglio regionale ai consigli comunali, in testa quello di Samugheo, suo paese natale, hanno espresso la loro vicinanza a Rossella e alla sua famiglia, chiedendo a gran voce la liberazione della cooperante. La richiesta delle assemblee al governo è stata quella di non dimenticare Rossella, né tutti coloro che prestano la loro opera nelle aree più svantaggiate del pianeta. Nel corso della sua recente visitain Sardegna il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto ritagliare uno spazio nella sua fitta agenda per incontrare il papà di Rossella, Graziano, la madre Marisa e il fratello Mauro. A lui Napolitano, dopo aver confermato il continuo impegno del governo per arrivare alla liberazione della ragazza, ha voluto dare un messaggio di speranza. Lecondizioni di Rossella sono buone. Il rapimento di Rossella, dopo mesi di silenzio, ha bucato clamorosamente il video l’ultima notte del Festival di Sanremo. E’stata la cabarettista sarda Geppi Cucciari a spezzare in diretta una lancia a favore di Rossella con un appello che ha conquistato il cuore degli spettatori. Appelli per la liberazione della Urru sono stati fatti numerose volte da molti altri personaggi dello spettacolo come Fiorello. Nel pomeriggio del 3 marzo 2012 si è diffusa la notizia secondo cui la Urru sarebbe stata liberata dai suoi carcerieri. L'iniziale entusiasmo si affievolisce col passare delle ore, fino a quando la Farnesina ha smentito tutto.
 

 

Rossella è in mano ai rapitori ormai da cinque mesi, pochi giorni fa ha compiuto trent’anni e speriamo che presto possa festeggiarli insieme ai suoi familiari e agli amici.

 

Fonte: web
26.03.2012

 

 

 

 

 

IV Giornata Nazionale per la lotta alla sla

Il prossimo 2 Ottobre Aisla celebra la IV Giornata Nazionale per la lotta alla sclerosi laterale amiotrofica. La giornata nacque per ricordare il primo “sit in” dei malati di SLA, che il 18 settembre 2006 si riunirono a Roma, sotto il Ministero della Salute, per portare all’attenzione dell’allora Ministro della Salute On. Livia Turco le problematiche dei malati e delle loro famiglie. I volontari dell’Aisla saranno presenti con degli stands in numerose piazze italiane per raccogliere fondi destinati alla ricerca.

Con un contributo minimo di 10 € sarà possibile aggiudicarsi una bottiglia di Barbera d’Asti DOCG. Tutto il ricavato andrà a sostenere il seguente progetto.

 

Il Progetto sostenuto

Trattamento della Sclerosi Laterale Amiotrofica con Ciclofosfamide, sostenuto da TrapiantobAutologo di Cellule Staminali Ematopoietiche.

Lo studio avrà come centro coordinatore il Dipartimento di Neuroscienze, Oftalmologia e Genetica dell’Università degli studi di Genova e come centro promotore il Centro Clinico NEMO di Milano.

 

Obiettivo del progetto

Sperimentazione di una nuova possibile strategia terapeutica per i malati di SLA.

 

Per maggiori informazioni visitate il sito www.aisla.it dove potrete visionare l’elenco delle piazze italiane in cui saranno presenti gli stands Aisla.

 

 

 

 

I padroni della vita

Per chi esprime il pensiero laico della società civile, al di fuori delle ideologie e delle fedi, i sentimenti di fronte alla legge sul biotestamento in via di approvazione alla Camera sono essenzialmente due: stupore e incredulità. Non capiamo come può il Parlamento prendere decisioni che calpestano i diritti individuali tutelati dalla Costituzione, quale quello, fondamentale, di decidere come vivere e come non vivere. E inoltre non crediamo che lo possa fare. Capiamo invece che il dibattito sulla vita, la sua qualità e la sua fine, passa attraverso dilemmi etici e filosofici, oltre che medico-scientifici, che la politica non riesce a trattare, e capiamo dunque la difficoltà per ogni singolo parlamentare nel dare un voto in piena consapevolezza e coscienza su questa materia.
Per questo la maggioranza di noi chiede di fermare l'iter legislativo, nella convinzione che l'assenza di una legge sia un male minore rispetto a una cattiva legge. La mancanza di una normativa permetterebbe a tutti, medici e cittadini, malati e famigliari, di comportarsi nel modo più appropriato, caso per caso, rispettando così al massimo l'unico punto fermo: la volontà della persona e la sua inviolabile dignità. Ci consideriamo un Paese civile e abbiamo fiducia nella nostra capacità di scelta come individui e come comunità. Inoltre siamo aiutati da strumenti condivisi anche a livello internazionale, come il nuovo codice di deontologia medica e la Convenzione di Oviedo sui diritti del malato. È vero che molti giuristi e molti medici, e io per primo, avevano auspicato una legge sul testamento biologico, come forma di tutela ulteriore della volontà della persona ed estensione naturale del Consenso Informato, già norma in Italia.
Ma i fatti ci hanno purtroppo dimostrato che i tempi non sono maturi: ci siamo paradossalmente ritrovati di fronte ad un disegno di legge che, unico caso nelle democrazie avanzate, nega l'autodeterminazione dell'individuo.
Per capire il peso morale e intellettuale del tema del "fine vita", non è necessario fermarsi a meditare sulla morte. Tutti amiamo la vita, segretamente sogniamo l'immortalità e preferiamo rimuovere il pensiero della fine. Sono convinto però che la maggioranza di noi adulti è stato sfiorato da una situazione in cui ha percepito il pericolo di vita o si è domandato dove si colloca, per ognuno, l'asticella di quella vita che vale la pena di essere vissuta. Questo è il cuore del problema, così intimo, su cui il Parlamento si appresta a legiferare nel modo peggiore possibile: appropriandosi del potere di decidere per noi che cosa fare della nostra vita. Per esempio è stato approvato il "semplice" divieto di qualunque forma di eutanasia. Io mi chiedo però se i parlamentari conoscono il significato stesso del termine eutanasia. Esiste il lasciar morire (sospendere le terapie), l'aiutare a morire (aumentare le dosi di farmaco sapendo di anticipare la fine) e il far morire (indurre la morte quando richiesta). Giuridicamente c'è una grande differenza, ma eticamente no. Tutti e tre questi atti hanno lo stesso risultato: soddisfare il desiderio di una persona di mettere fine a una vita che egli giudica insopportabile per il dolore e non più dignitosa. Il legislatore dovrebbe dunque specificare cosa intende. Ad esempio il lasciar morire è ammesso anche dalla Chiesa: questo
fu il caso infatti di papa Wojtyla ed anche l'aiutare a morire è stato considerato legittimo da papa Pio XII, come appare nel suo discorso al Congresso nazionale degli anestesisti del 1957.
Il testamento biologico, poi, è ancora più confuso. È nato come strumento di autodeterminazione, per dare la possibilità ai cittadini di dire no, se lo desiderano, alla vita artificiale: lo stato vegetativo permanente in cui un corpo può restare indefinitamente senza coscienza, senza vista, senza udito, senza gusto, appunto come una pianta. La legge attuale, invece, rendendo obbligatoria l'idratazione e alimentazione artificiale, che sono le condizioni di mantenimento dello stato vegetativo, di fatto ci impone la vita artificiale, che lo vogliamo o no. Tutto il mondo civile ha scelto un criterio per semplificare la complessità delle scelte che riguardano la vita individuale: la volontà della persona. In molti, in Italia, pensiamo che dovremmo adottarlo anche noi.

 

La Repubblica

08/07/2011

Umberto Veronesi

 

Sardegna: Referendum Consultivo sul Nucleare

Il 15 e il 16 maggio prossimo, noi sardi, siamo chiamati ad esprimerci sull’installazione delle centrali nucleari sul nostro territorio. Si tratta di un referendum consultivo che richiede un quorum del 33% per essere valido e che pur non avendo un valore vincolante, può, in ogni caso, avere un valore politico.

La Sardegna potrà far valere il parere contrario nell’ospitare centrali nucleari (possibilità sancita dalla sentenza n. 33 del 2 febbraio 2011 dalla Corte costituzionale).

 

 

 

Ma ecco il quesito referendario:

 

"Sei contrario all’installazione in Sardegna di Centrali Nucleari e di siti per lo stoccaggio delle Scorie Radioattive da esse residuate o preesistenti? "

 

Chi è contrario deve VOTARE SÌ

VOTA SÌ se sei contro il nucleare

 

Votare SÌ, perché:

 

1) In Sardegna non abbiamo bisogno di centrali nucleari perché si produce già nell’isola tutta l’energia di cui abbiamo bisogno. Anzi una parte la esportiamo.



2) La costruzione delle centrali nucleari non ridurrà i costi della nostra bolletta elettrica il cui importo è determinato: per il 20% dalle tasse che paghiamo allo Stato; per il 10% all’inadeguatezza della rete elettrica; per un altro 10% agli oneri che paghiamo all’Enel e agli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili ma soprattutto assimilate cioè scarti di raffineria (il famoso CIP 6); infine un ulteriore 10% dalla formazione del prezzo dell’energia in borsa.



3) Il nucleare è pericoloso per la salute pubblica, soprattutto per quella dei bambini, Molti studi dimostrano un aumento delle leucemie nei bambini che vivono attorno alle centrali nucleari in un raggio di 5 Km.



4) Le scorie sono molto pericolose, rimangono radioattive per 250.000 anni e questo significa che ai nostri figli e a migliaia di generazioni dopo di loro lasceremo questo pesante fardello di custodire le scorie.

 

Fonte: web

 

 

 

 

Sa die de sa Sardigna

Tutti ne parlano, alcuni la festeggiano ma spesso ci si chiede: per quale motivo il giorno 28 aprile è festa in tutta la Sardegna? Presto risposto: si tratta della “festa del popolo sardo” che ricorda i cosiddetti “Vespri Sardi”, vale a dire l’insurrezione popolare del 28 aprile 1794 con il quale si allontanarono da Cagliari i Piemontesi e il viceré Balbiano; ciò avvenne in seguito al rifiuto del governo torinese del Regno di Sardegna di soddisfare le richieste dell’isola.

 

La prima festa de “Sa die de sa Sardigna” venne celebrata nel 1993 in seguito a una legge del Consiglio Regionale del 14 settembre 1993. Vediamo i motivi che portarono a questa situazione storica importante per la nostra isola. I Sardi chiedevano che venisse loro riservata una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia rispetto alle decisioni della classe dirigente. Si voleva ottenere il godimento di diritti di cui i sardi per secoli avevano usufruito in virtù di solenni patti. Il governo piemontese rifiutò di accogliere qualsiasi richiesta, perciò la borghesia cittadina cagliaritana con l’aiuto del resto della popolazione scatenò il moto insurrezionale.

In realtà venti di ribellione erano già iniziati intorno al 1780 ed erano poi proseguito negli anni Novanta toccando tutta l’isola. Le ragioni erano assieme di ordine politico ed economico.

 

Il motivo del malcontento popolare era dovuto anche al fatto che la Sardegna era stata coinvolta nella guerra che la Francia dell’epoca rivoluzionaria intentò contro gli stati europei e dunque contro il Regno Sardo Piemontese. Nel 1793 una flotta francese aveva tentato di impadronirsi dell'isola, sbarcando a Carloforte (Isola di San Pietro) e tentando anche di impadronirsi di Cagliari. I Sardi opposero resistenza con ogni mezzo, in difesa sia della loro terra, sia dei Piemontesi che dominavano allora la Sardegna. Infatti la resistenza nei confronti dei Francesi aveva fatto pensare a una sorta di riconoscimento, ad una ricompensa da parte del governo centrale per la fedeltà dimostrata dalle popolazioni e in generale dall’isola.

 

Il motivo scatenante la contestazione fu l’arresto, ordinato dal viceré Balbiano, di due capi del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor. Ecco che il giorno 28 aprile del 1794 la popolazione inferocita decise di allontanare dalla città il viceré e tutti i Piemontesi. Nel mese di maggio dello stesso anno (quindi pochi giorni dopo i moti insurrezionali) essi furono imbarcati con la forza per il Piemonte. Incoraggiati dalle vicende cagliaritane gli abitanti di Alghero e Sassari fecero altrettanto.

 

Questi avvenimenti segnarono, dopo tanti anni di dominio, una nuova presa di coscienza di identità e orgoglio delle genti sarde, come anche della forte volontà di autodeterminazione e autonomia. La festa de “Sa die de sa Sardigna” quindi va vista e vissuta dall’intero popolo sardo come un momento di riflessione in quanto emblema dell’espressione di propositi solidali e pacifici ispirati alla memoria storica e ai valori propri della nostra terra.

 

Maria Lucia Meloni

Fonte: http://www.sardinianetwork.eu/

 

 

 

 

Procurade de moderare.

La storia dell'inno di protesta.

 

Appassionato inno contro la prepotenza feudale dei proprietari terrieri. Questo canto di protesta popolare è stato composto alla fine del 1700 da Francesco Ignazio Mannu, Cavaliere e Magistrato (nato a Ozieri il 18 maggio 1758 e morto a Cagliari nel 1839).

 

Questo Inno è stato scritto in seguito ai drammatici eventi vissuti dal popolo sardo dopo i fatti del 28 aprile 1794, giorno in cui iniziò la rivolta guidata da Giovanni Maria Angioj. Può essere annoverato tra i canti popolari più antichi d'Europa. L'opera è articolata in 47 ottave logudoresi e 375 versi che evidenziano la forte identità del popolo sardo e la sua propensione alla ricerca della democrazia e della giustizia anche attraverso la lotta al potere ingiustificato dei feudatari. Questo inno "Su patriotu sardu a sos feudatàrios", meglio conosciuto come "Procurade 'e moderare", è stato pubblicato per la prima volta in Corsica nel 1794, esprime la volontà di riscatto della Nazione Sarda.

 

Alcuni l'hanno definita "La Marsigliese Sarda", forse per il suo interno vigore, una forza e un richiamo appassionato al popolo sardo nella condanna senza appello per chi aveva sfruttato e soggiogato le persone. Questo brano, a cui è difficile rimanere indifferenti, non solo risveglia le coscienze sul lato emotivo delle persone ma può anche essere considerato un alto esempio della letteratura isolana, per la dignità espressiva e per le sue idee. L'ideologia illuministica che possiamo trovare alla base di "Procurade 'e moderade" si inserisce nel nazionalismo proto-romantico; un forte legame con lo spirito dell'indipendenza delle colonie d'America, con la Rivoluzione Francese e con i Diritti dell'Uomo e del Cittadino. Questo inno non è alieno dal forte slancio e dalla tempesta di Sturm und Drang tedesco, ne condivide l'anelito; la fede e la ragione sono nell'inno in armonia sinergica per contrastare "l'ancien régime" e il suo feudalesimo, un appello per il Risorgimento nazionale sardo contro lo straniero piemontese.

 

Fonte: http://www.fontesarda.it/



 

L'inno eseguito da Maria Giovanna Cherchi e Piero Marras

 

 

 

 

L'aggiornamento dei Lea e del Nomenclatore tariffario: una questione di civiltà

Per Lea (Livelli essenziali di assistenza) si intende l'offerta complessiva dei servizi e delle prestazioni erogabili dal Ssn (Servizio sanitario nazionale) a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una somma standard (ticket). I Lea sono stati stabiliti per la prima volta con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29/11/2001 "Definizione dei livelli essenziali di assistenza" (entrato in vigore il 23/02/2002); in tale occasione fu inoltre istituito il cosiddetto Nomenclatore Tariffario, cioè il documento che stabilisce la tipologia e le modalità di fornitura delle protesi e degli ausili per disabili a carico del Ssn. Tale definizione dei livelli di assistenza assume, com'è evidente, un'importanza capitale per l'intera cittadinanza, e in particolare lo standard delineato con il Nomenclatore tariffario risulta vitale per i diversamente abili, la qualità della cui esistenza è indissolubilmente legata all'utilizzo di una serie di protesi e ausili, preziosi ma che comportano in molti casi costi assai elevati, non sostenibili per i privati senza il supporto del Ssn.

Lo scandalo attuale risiede tuttavia nel mancato aggiornamento dei Lea, la cui prima definizione risale, come detto, al 2002, dunque a 9 anni or sono: tale omesso aggiornamento riguarda anche il Nomenclatore Tariffario, dal quale rimangono ad oggi esclusi una serie di ausili fondamentali per la conduzione di una vita dignitosa da parte dei malati con alte percentuali di disabiltà, tra cui i computer forniti di sistema eye-writing, indispensabili ai tetraparaplegici colpiti da Sla, che in essi hanno il loro unico, prezioso strumento di comunicazione. Numerose battaglie e petizioni da parte degli attori sociali e pubblici coinvolti nella vicenda – tra cui una recente interrogazione parlamentare presentata da 34 deputati della Camera nel luglio 2010  – non sono tuttavia servite a indurre i governi fin qui succedutisi all'aggiornamento dei Lea: l'attuale ministro per la Salute Ferruccio Fazio, promise che il doveroso provvedimento sarebbe stato preso entro il novembre del 2010, ma anche tale impegno è stato disatteso.

La presente raccolta di firme vuole dunque accogliere e convogliare la richiesta di quanti, per diretto interesse o per spirito civico, intendono richiedere all'attuale Governo, forse frenato da questioni inerenti la difficile tenuta del bilancio dello Stato e delle Regioni, ancora esita a mettere mano ad una materia delicata e meritevole, come è evidente, della massima attenzione e riguardo.

In fede,

Antonio Tessitore

 

fonte: www.disabili.com

 

 

 

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